“Viaggio contro la solitudine”. Intervista a Gabriele Camelo

gabri

Ho “scoperto” Gabriele Camelo ed il suo progetto “Viaggio contro la solitudine” girando su internet tra vari link. Ho iniziato a seguire il suo percorso su Facebook e la sua vicenda mi ha colpito talmente tanto da spingermi a contattarlo, con un semplice messaggio privato e la richiesta di poter fargli qualche domanda per poi riportarle nel mio blog. Gabriele è stato cortesissimo ed è iniziata così una mini-intervista in “differita”, durata un paio di giorni, durante la quale ha risposto, non appena il lavoro e gli impegni glielo consentivano ad ogni mia domanda. Lo ringrazio tantissimo per questo; parlare virtualmente con lui è stato piacevole e mi ha regalato una immagine di viaggio differente dalla mia ma davvero molto intensa.

gabliele camelo

L: Ciao Gabriele, in quale parte di mondo ti trovi ora? 🙂  Ho letto la tua storia e la trovo estremamente interessante. Io, viaggiatrice appassionata, ho una visione del “viaggio” diametralmente opposta alla tua, anche se, forse, il fine è lo stesso…la ricerca della propria felicità e il ricongiungersi con la parte più vera di se! Io mi sento me stessa ogni volta che parto, ma lo sono solo se posso condividere le sensazioni più vere con qualcuno che amo. Mai fatto un viaggio da sola, anche se non lo escludo. Ho un piccolo blog, che considero il mio diario personale e mi piacerebbe scrivere di te, e della tua idea del viaggio. Risponderesti a qualche breve domanda, qua su fb o per e-mail?

G: Puoi farmi tutte le domande che vuoi.

L: Prima di tutto…io ti ho “scoperto” da poco qua su fb. Dimmi qualcosa di te, chi sei? Di dove sei?

G: Mi chiamo Gabriele e il mio nome viene da un santo abruzzese a cui era devota mia nonna. Ho provato a capire che avesse fatto in vita ‘sto santo ma ho scoperto che non aveva fatto nulla, se non farsi prete. Dicono che una volta morto abbia fatto i miracoli, io vorrei credere che i santi facciano miracoli quando sono vivi. I veri miracoli avvengono giornalmente e magari neanche ce ne accorgiamo. E magari anche lui ha fatto dei miracoli quotidiani che non sono passati alla storia. Vengo dalla pancia di mia mamma ma mio padre m’ha sempre detto che stavo dentro una stella. Ed io mi chiedevo quanto fosse noioso star chiuso in una stella. Cresciutello, quando facevo disperare mio padre lui si azzardava a dire frasi tipo “me fossi fatto un giretto del palazzo quel giorno!”. Evidentemente l’ho preso quasi in parola, visto che io non ho mai smesso di girare palazzi, case, luoghi. Sono nato a Roma, ho vissuto a Palermo, Milano, Santa Cruz de la Sierra (Bolivia). Per fare figo potrei dire che sono del mondo.
Va bene come risposta, Lucia?

L: Risposta bellissima!
Come è nato il tuo progetto, se così possiamo chiamarlo, “Viaggio contro la solitudine”?

G: Avevo da tempo l’idea di viaggiare a caso raccontando la bellezza del caso. Il caso ti conduci in posti meravigliosi e ad incontrare persone belle. Il caso o destino che sia è qualcosa che non puoi cambiare ma puoi accettare: è una mia filosofia di vita. Da tempo avevo provato a proporre il mio progetto a produttori, televisivi o cinematografici (lavoro in televisione) per farci un progetto strutturato, per avere un minimo di finanziamento, per capire se qualcuno poteva trovare “un contenitore” alla mia idea. Ma l’idea era troppo pazza per signori che vogliono che il soggetto o la sceneggiatura sia qualcosa di stabilito e strutturato, il mio progetto invece era un non progetto. De-strutturante.
Quindi ho ricevuto molti no, ma l’idea continuava a stare dentro me. Finché.
Finché un giorno ho avuto davanti tutta la mia solitudine: a Pasqua, e poi ancora a Pasquetta, ho mangiato da solo un minestrone pre-confezionato. Eppure avevo provato ad organizzarmi, a stare con qualche amico, non riuscendoci. Ero molto triste: molto. L’ho avuto davanti agli occhi, tutta, tutta la mia solitudine di una vita che alle sue spalle ha ben poco, una famiglia disgregata e un non-appartenere a nessuno (anche per le mie difficoltà affettive).
Ho avuto chiaro che per uscire dalla tristezza potevo solo procedere con un tentativo: uscire fisicamente. E l’ho fatto facendo uscire anche l’idea che ti dicevo prima dalla mia capoccia e trasformandola in realtà. Ho incominciato a raccontare il viaggio su Facebook e molte persone mi hanno fatto forza. Dire ai quattro venti “io sono solo” non è cosa comune. Quei quattro venti hanno portato in giro la mia frase, qualcuno mi ha ospitato, qualcuno mi ha scritto confidandosi.
Ed eccomi qui.

L: E’ molto vero ed è molto bello questo che dici. Penso che a tutti prima o poi sia capitato di serntirsi soli, ma la maggiorparte della gente fa finta di nulla, spera che sia solo un momento, o annega la solitudine in continue uscite senza senso.
Prima di questo momento che ti ha segnato quale era la tua idea di Viaggio? E come è cambiata col tempo e le esperienze? Cosa è oggi per te il “Viaggio” in una definizione?

G: “Annega la solitudine in uscite senza senso”, sì è un pensiero che ho fatto anche io. Di solito si passa il proprio tempo libero cercando di riempirlo di eventi. E’ un tempo che viene riempito senza qualità. Quindi si va in discoteca, si va a ballare, si va al cinema o si va a quel festival di cibo da strada. Ci s’immerge in situazioni altre che talvtolta non arricchiscono le nostre vite. Secondo me il tempo vale la pena di essere vissuto arricchendolo.
Il viaggio è vita. Ho fatto il Camino de Santiago e poi la Via Francigena (pellegrinaggi a piedi, da solo, zaino in spalla). Ho avuto modo di scoprire come la dimensione dello spostamento è anche una dimensione dello spostamento interiore. Appunto: entrando dentro di sé, anche grazie agli stimoli del viaggio, ci si arricchisce.

L: Il viaggio è vita. Lo penso anche io. C’è un posto in cui ti sei sentito davvero a casa?

G: Ogni tanto, a Palermo. Ma non pienamente. Palermo è una città calda, famigliare e facile sentirsi non-soli. A casa: ad Assisi, con i frati e le suore. In Porziuncola. E poi, mi sento a casa nelle case degli altri. Mi sento a casa quando sto in viaggio.
Tu? Dove ti senti a casa?

L: Mi sento a casa nei luoghi e nei momenti che mi consentono di respirare. Ma di farlo sul serio. Non solo per ingoiare ossigeno. In viaggio sicuramente. Ma anche nella mia Roma, tra le braccia di chi amo.
Dove sei ora? Quando e come finirà questo tuo viaggio? Quale è la tua meta?

G: Che bello, questo tuo riferimento all’amore (anche all’inizio, lo hai citato). Com’è stare fra le braccia di chi ami?
In questo momento sono a casa, a Roma: sono tornato ieri da un lungo girovagare (sia per lavoro, sia per il progetto). Dovrò dedicare un paio di giorni a liberare la stanza dalla polvere, a pulire, panni lenzuola asciugamani. Non so quando finirà il mio viaggio e, a dirla tutta, non saprei neanche definire la mia meta. Spero di capirla strada facendo. Roma e la mia casa (ossia una stanza in affitto, in questo momento) rimangono dei piccoli punti di riferimento (per modo di dire, perché non li sento tali) a causa del lavoro (lavoro a TV2000, con sede a Roma, ma sono un libero professionista e gli orari ed i tempi me li gestisco io). In sostanza per ora rimango in orbita Italia centrale, con l’intenzione ogni tanto di tornare a casa per necessità ma comunque di continuare ad andare a dormire nelle case della gente con l’obiettivo di raccontarla.

L: Stare tra le braccia di chi ami è come restare sospesi a mezz’aria senza attriti e gravità. Intorno è solo silenzio e luce. È puro benessere. Sono dovuta arrivare fino a 32 anni per percepire quanta forza c’è dentro l’Amore.
Cosa ti sta regalando/insegnando questa esperienza e soprattutto le persone che incontri lungo il tuo cammino?

G: Sento che sto all’inizio. Ma che è un buon inizio. Innanzitutto SENTO che mi fa bene, spiegarlo non so. Poi credo che si sia aprendo una strada, che la mia idea è giusta: molti mi scrivono, e ho ricevute mail private non solo con offerte di ospitalità ma anche con confidenze forti.

L: Ultimissima domanda… Cosi di getto, senza pensarci molto su. Un libro, un film ed una canzone che senti parte di te.

G:. Mi piacciono le tue domande. Di getto.
Libri: Saper accompagnare, di Frank Ostasesky o i diari di Etty Hillesum.
Film: Into the wild.
Canzoni: quando sarò capace di amare (Gaber), costruire (Fabi).
Ecco.

L: Grazie mille. Sei stato gentilissimo. Una chiacchierata virtuale davvero piacevole! Grazie ancora ed in bocca al lupo per il tuo cammino.

G: Crepi il lupo e grazie a te, Lucia.

Ed ora, se volete scoprire qualcosa di lui, seguite anche voi il suo cammino:
https://www.facebook.com/gabriele.camelo?fref=ts

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